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Al Cie oltre la metà è vittima della crisi

Mar, 13/04/2010 – 14:05
fonte http://bologna.repubblica.it

Al Cie oltre la metà è vittima della crisi

Visita di due parlamentari del Pd nell’ex centro di permanenza temporanea
di via Mattei

di ALESSANDRO CORI

Nell’ultimo anno più della metà degli immigrati che sono finiti al Cie
(Centro d’ identificazione ed espulsione), l’ ex Cpt, sono vittime della
crisi economica, della perdita del lavoro. Non avendo più un reddito anche
il loro permesso di soggiorno viene meno e così diventano irregolari.
Pronti per essere espulsi. La denuncia arriva da due parlamentari del Pd,
Rita Ghedini e Donata Lenzi, che ieri insieme alla Garante delle persone
private della libertà personale del Comune, Desi Bruno, hanno visitato il
Cie di via Mattei. Nella struttura vivono 83 persone, 50 uomini e 33 donne,
con un tempo medio di permanenza di 33 giorni. «Ma non mancano casi che
arrivano al limite dei sei mesi», spiega Ghedini.

I sei mesi rappresentano il nuovo tempo massimo di permanenza al Cie
(prima era di 60 giorni). Un prolungamento dei termini che solo pochi
giorni fa Bruno aveva definito: «Peggio della detenzione». Per le due
parlamentari però a fare la differenza è soprattutto la crisi che «colpisce
più duro». «Abbiamo trovato situazioni molto diverse fra loro – dice
Ghedini – il dato di maggiore evidenza è che la legge produce un effetto
livella, generando squilibri. Dentro finiscono persone che hanno alle
spalle solo un problema di regolarità nell’ immigrazione e altri con un
percorso di anni di criminalità». Poi ci sono i casi di chi dopo aver
vissuto regolarmente in Italia per molto tempo finisce al Cie per ragioni
burocratiche. «Come una scadenza sfuggi ta del permesso di soggiorno –
continua Ghedini – la perdita del lavoro o la contrazione dell’ attività
lavorativa che fa scendere il reddito sotto la soglia minima per ottenere
il permesso».

Insomma, al Cie c’ è una situazione di «gravissima precarietà». Nella
struttura si trovano a passare anche molte badanti che hanno intrapreso il
percorso di emersione dal lavoro nero ma per le quali, a causa di una
situazione di non regolarità, la domanda si trasforma in una sorta di
autodenuncia. «La maggior parte di coloro che oggi hanno parlato con noi –
spiegano Lenzi e Ghedini – sono finite in via Mattei a causa della crisi.
Anche la direzione del Cie sostiene che nell’ ultimo anno la percentuale si
è fatta assolutamente significativa e queste persone stanno aumentando».
Diverso è invece il giudizio sulla struttura. «E’ in condizioni accettabili
e non c’ è u n allarme sovraffollamento». Per Ghedini, comunque, «tra
sbarre e cemento, assomiglia nettamente a un carcere. Non ha celle, ma
stanzoni».

(13 aprile 2010)

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