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No ai centri di identificazione ed espulsione

Nabruka Mimuni si è impiccata nel
Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Ponte Galeria
(Roma). Nabruka aveva 49 anni, un marito, un figlio e viveva in
Italia dal 1991. Il giorno dopo la sua morte sarebbe stata
rimpatriata nel suo paese d’origine, la Tunisia. Era stata fermata il
24 Aprile e rinchiusa in un lager di stato chiamato CIE perchè
sprovvista del permesso di soggiorno.

I CIE non sono altro che i
“vecchi” CPT (Centri di Permanenza Temporanea) ossia delle
carceri-lager in cui gli immigrati possono essere rinchiusi fino a 6
mesi, in attesa dell’espulsione, senza aver commesso alcun crimine e
senza poter usufruire del diritto alla difesa.

La mattina stessa in cui le compagne di
cella trovavano Nabruka impiccata in bagno, il ministro degli Interni
Maroni si vantava degli oltre 200 migranti deportati direttamente in
Libia senza neanche passare dal territorio italiano. Si vantava in
pratica di “esternalizzare” la tortura visto che i migranti hanno
più volte raccontato di stupri, torture, sevizie subite nelle
carceri libiche. Contemporaneamente il partito di Maroni, la Lega
Nord, in pieno delirio razziale, proponeva posti riservati ai
milanesi sulle metropolitane.Sempre nelle stesse ore il governo si
apprestava ad introdurre il reato di clandestinità e a portare da
due a sei mesi il tempo di reclusione nei CIE.

Già da alcuni mesi il Governo ha
individuato in Campi Bisenzio, nella zona dell’Indicatore, una delle
possibili aree in cui far sorgere un nuovo CIE/CPT. Ovviamente molti
esponenti di centro-destra, in piena campagna elettorale e aiutati
dal terrorismo mediatico di molti giornali e televisioni, si sono
immediatamente detti favorevoli, pronti a cavalcare e fomentare
“paure” ed “emergenze” per costruire brillanti carriere
elettorali e solide politiche repressive.

Dovranno fare i conti però con tutta
quella parte della popolazione che non è disposta a criminalizzare
una persona solo perchè immigrata e priva di un pezzo di carta.
Dovranno fare i conti con chi non è disposto a stare a guardare le
ronde, il razzismo di stato, i nuovi lager, le leggi razziali.

Dovranno fare i conti con quei settori
sociali che non sono disposti ad accettare una “guerra tra poveri”
che dovrebbe coprire le responsabilità di chi la crisi economica che
stiamo vivendo prima l’ha causata e adesso ci specula sopra.

Per questi, e per tanti altri motivi,
ci opporremo con ogni mezzo necessario alla costruzione di CIE/CPT a
Campi Bisenzio. Fermiamoli a Campi, chiudiamoli ovunque.

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